ANCHE IN ITALIANO JESUS CHRIST E' SUPERSTAR

Trieste, Politeama “Rossetti”, 18 novembre 2006 – Un po' spiaggia di Lost, un po' periferia dimenticata, un po' multinazionale, un po' esercito, un po' alta società, un po' no global e un po' mass-media... c'è davvero di che specchiarsi e ritrovarsi, con le nostre contraddizioni, i limiti, le speranze di ogni giorno in questa nuova, emozionante, sinceramente imperdibile versione di Jesus Christ Superstar. Imperdibile per almeno tre ragioni: primo, non ci sono specchietti per le allodole nel cast. Non ci sono starlette televisive, ex veline-letterine, ex qualcosa che tutto fanno meno che le performer come si deve, e per l'Italia è già un successo. Secondo, è tutto in italiano. Ed è un adattamento che lascia sbalorditi per la musicalità e fedeltà al testo originale. Terzo, c'è la band dal vivo. Che, volente o nolente, fa la differenza, eccome se la fa.

Stava tutta qui la grande sfida lanciata e vinta dalla Compagnia della Rancia e da Fabrizio Angelini, che di musical se ne intendono e che hanno messo in piedi una produzione coi fiocchi, con un cast di giovani performer – praticamente sconosciuti, o quasi – che definire eccezionali è riduttivo.

Forse esagero, scrivo magari sull'onda dell'emozione, e sabato pomeriggio di momenti emozionanti ne ho vissuti parecchi; anche perché il mio caro “Rossetti” era stracolmo di ragazzini, studenti di scuole medie ed elementari, che hanno seguito senza fiatare tutto lo show e che alla fine si sono spellati le mani a forza di applaudire, e che si sono sgolati a furia di gridare al cast di tornare in scena per un bis che – ahimé – non è giunto! E se questi piccoli uomini si appassionassero al musical perché ne hanno visto uno così meraviglioso, non è una vittoria e una soddisfazione per tutti noi?

Certo, Jesus Christ Superstar ormai vive di vita propria, capolavoro insuperato di un'epoca che degli hippie, della contestazione, dei falsetti e degli assoli di chitarra rock aveva fatto una bandiera, ma che Fabrizio Angelini ha saputo rinnovare e adattare, col suo score eccezionale e la musica ormai entrata nella memoria collettiva, alla nostra realtà.

Lo show non ha tempi morti, se non qualche incertezza e lieve calo di ritmo in Va tutto bene (Everything's alright), nella scena dell'arresto e nella Canzone di Erode (King Herod's song), molto meno “show-stopper” di quello che ci si potrebbe aspettare; ma sono quisquilie, credo facilmente rimediabili nel prosieguo di questa tournee da tutto esaurito.

Le scene di Gabriele Moreschi, che si risolvono in questa lunga scalinata coperta da cumuli di sabbia e da un paio di colonne romane, in realtà offrono efficaci e inedite soluzioni specialmente quando entrano in scena i sacerdoti (in Jesus deve morire – This Jesus must die, e in Dannato / non vendo il suo sangue – Damned for all time / Blood Money), nella claustrofobica Il tempio (The temple) – con quella rete suburbana che improvvisamente divide la scena – e ne La morte di Giuda (Judas' death), risolta in maniera invero cruenta, in puro stile, passatemi il termine, CSI.

Ottimo il disegno luci di Luca Mameli e Alberto Diliberto, che seguono i protagonisti e ambientano ogni scena con la giusta atmosfera. Efficaci i costumi metropolitani di Pamela De Santi, che assegnano immediatamente ad ogni performer il proprio status e ruolo all'interno dello show.

Impeccabile la direzione musicale di Giovanni Monti, che riveste l'impervia partitura lloydwebberiana, alla guida di una scatenata ma precisissima band, delle giuste sonorità rock-sinfoniche, coadiuvato dall'equilibrato disegno fonico di Giuseppe Barresi; finalmente uno show dove si capiscono tutte le liriche, non essendo sovrastate da un'amplificazione musicale spesso sparata a livelli apocalittici.

Standing ovation per tutti i performer: sabato pomeriggio mi sono goduto i cosiddetti “sostituti” nel ruolo di Jesus (Gaetano Caruso invece di Simone Sibillano), Judas (Emiliano Geppetti al posto di Edoardo Luttazzi) e Simone (Enrico D'Amore invece di Emiliano Geppetti). Non saprei perciò paragonarli ai titolari, che interpretavano in ordine sparso gli altri apostoli, ma se questo è il livello, bé... non c'è che dire, solo complimenti.

Emozionante la voce di Maddalena (Valentina Gullace), profondamente cavernosa quella di Caifa (Andrea Croci), tagliente quella di Hannas (Marco Romano), dolente e rassegnata quella di Pilato (Lorenzo Scuda), sbruffona e insolente quella di Erode (Raffaele Latagliata).

Insomma, se questo è il futuro del musical italiano, possiamo starcene tranquilli. Andate a vedere questo Jesus Christ Superstar, emozionatevi e fatevi rapire da questi giovani che in scena danno il meglio di sé, se non molto di più: se lo meritano davvero.

Francesco Moretti

http://vialedeltramonto.blogspot.com

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