DANIELA POBEGA, IL FASCINO DELLA VOCE

La brava interprete, al suo terzo anno come Nala nel Re Leone madrileno, racconta la sua recente esperienza nella prima italiana di Ragtime e il rapporto con la propria voce


Non vedo Daniela Pobega da ormai quasi quattro anni, quindi non posso non cogliere l'occasione di questa mia breve sosta a Madrid in occasione del terzo anniversario della produzione spagnola di The Lion King, per fare una lunga chiacchierata con lei di fronte ad un buon piatto di salmrejo, dopo lo spettacolo, e parlare anche della recente esperienza di Ragtime a Bologna (la cui recensione è stata pubblicata nello scorso numero della webzine ADM e potete rileggere qui http://issuu.com/amicidelmusical/docs/adm_11/20)

Daniela Pobega cantante più o meno la conosciamo, ma di Daniela Pobega attrice cosa puoi dirci?

Io nasco essenzialmente come cantante. Non ho mai avuto una reale formazione come attrice, ne ho avuto la fortuna di molti giovani performer di poter seguire un percorso uniforme e completo presso un'autentica scuola di musical.
Il mio percorso come attrice inizia nell'ormai lontano 2004, quando ho avuto la fortuna di conoscere Antonio Calenda all'Università, dove teneva un corso di regia. Parlando con lui della mia passione per il teatro (all'epoca non era ancora un lavoro), siamo entrati in contatto. Sei mesi dopo mi ha chiamato per partecipare ad un laboratorio su Sogno di una notte di mezza estate, che infine mettemmo in scena con la sua regia.
Successivamente ho fatto diversi Masterclass e ho seguito un corso alla Guildford School of Acting. Il grosso della mia formazione comunque è  avvenuta "sul campo", imparando un po' alla volta nel corso dei vari spettacoli.
Saverio Marconi mi ha aiutato molto, credendo in me, nel mio istinto e nella mia spontaneità, scegliendomi per Pinocchio quando ancora non avevo una significativa esperienza teatrale.
Poi sono arrivati altri ruoli, e collaborazioni con altri registi italiani, da Federico Bellone a Fabrizio Angelini, fino all'esperienza spagnola del 2011, che mi ha permesso di lavorare con una compagnia internazionale e di scoprire un mondo sotto alcuni aspetti molto diverso.
Alle volte tutt'oggi temo di avere delle lacune rispetto ad altri miei colleghi, ma indubbiamente lavorare con diverse compagnie e conoscere diversi approcci e metodi, mi ha anche permesso di avere una visione più elastica e più varia del teatro, che credo mi sia in fin dei conti tornata spesso molto utile nell'interpretazione dei vari personaggi.

Parlando appunto di personaggi, dimmi qualcosa di Sarah; come hai affrontato questo ruolo?

E' un personaggio che ho sempre amato, sin da quando ho ascoltato per la prima volta questo spettacolo. In un certo senso è mio secondo sogno scenico dopo Nala, e mi ritengo davvero fortunata ad aver avuto l'opportunità di interpretarli entrambi.
Quando ho saputo di una produzione di Ragtime in preparazione nel nostro paese, non potevo fare altro che aspettare e sperare...
Finché un giorno, è arrivato un messaggio di Shawna, che annunciava lo spettacolo e chiedeva un provino.
L'emozione è stata tanta, non solo per la prospettiva di portare in scena un nuovo personaggio dopo quasi tre anni, ma anche per avere finalmente l'opportunità di lavorare con Shawna e con la BSMT.
Temevo di avere poco tempo per un ruolo così complesso (ho iniziato a provare due settimane prima del debutto, e l'intero spettacolo è stato costruito in poco più di tre settimane), ma per fortuna ho potuto contare sull'aiuto del regista Gianni Marras, con cui ho lavorato alla creazione del personaggio, e della stessa Shawna Farrell, per la parte canora e musicale.

Daniela Pobega nei panni di Saha Brown in Ragtime

Circa la parte canora, ho notato in Sarah, rispetto alla tua solita voce, una vocalità per certi versi più "nera", con un tentativo di avvicinarsi allo stile vocale dell'epoca. Si è trattato di una scelta consapevole?

In parte. Io ad esempio sento più "nera" Nala, che però possiede sicuramente una voce più pop, mentre in Sarah utilizzo un'impostazione più classica, che, come dici tu, si ricollega al periodo storico e al tipo di personaggio.
Da un certo punto di vista si è trattato di una scelta voluta (ho "divorato" il disco del cast di Broadway, con Audra McDonald nel ruolo di Sarah, e ne sono stata indubbiamente influenzata), ma probabilmente in un certo senso sono semplicemente usciti fuori i miei geni (anche in questo devo dire che interpretare Nala mi è stato molto utile, facendomi riscoprire un lato "black" che precedentemente restava più nascosto).
In alcuni momenti, puntare sul belting come veicolo dei sentimenti più violenti, poteva essere una via più comoda, ma ho preferito adottare una tecnica mista, che ho sentito più autentica e vicina al personaggio.

Hai citato più volte Shawna Farrell. Lei è stata una figura importante per la tua formazione?

Assolutamente! L'ho incontrata per la prima volta quando venne a Trieste per una masterclass, cui parteciparono altri futuri performer triestini.
Molti di loro sono poi iniziarono a frequentare la BSMT, mentre io, impegnata all'epoca nella produzione di Pinocchio, finii per scegliere una strada differente.
Nel 2010 frequentavo un corso di alta formazione in vocologia artistica a Ravenna tenuto da Franco Fussi  e Silvia Magnani, e iniziai a recarmi frequentemente a Bologna, per incontrare Shawna e lavorare sulla mia voce.
Anche per questo sono particolarmente felice per questo Ragtime, che ci ha permesso di lavorare finalmente insieme ad un progetto teatrale.

Riascolti mai le tue performances, per valutare il tuo lavoro?

So che molti cantanti non amano riascoltarsi; io invece lo trovo molto importante. Voglio avere una perfetta consapevolezza della mia voce, conoscerne i punti forti ed i limiti.
Amo la voce. In modo quasi ossessivo. Mi piace ascoltare e analizzare la voce in ogni dettaglio, sia quella degli altri che la mia.
Certo, farlo durante l'esecuzione può essere dannoso e andrebbe anzi sempre evitato; ma riascoltarsi dopo, a mente fredda, è invece molto utile per fare autocritica (anche positiva)  e per cercare di correggersi e migliorarsi.
Mi capita a volte di ascoltare registrazioni di mie esecuzioni che non mi piacciono per nulla e che mi affretto a far sparire; alcune altre invece mi danno belle soddisfazioni.

Enrico Comar