BUON COMPLEANNO CARL
B 27/2/1945 D 23/2/2004

Una foto di Carl Anderson con Luca Velletri

Oggi avrebbe 70 anni.
Meno 11. Fanno 59 anni suonati, e 11 non suonati...
Bene bene, bocce ferme...
Bottiglia di Brunello pronta, qui davanti ...
Allora... Uhm, respirare... Dove va la mente? In che punto della storia? Che fotografie porterà con se?
Beh, potrebbe andare ovunque... Alla prima telefonata di quel delirante (non fosse altro che per aver voluto me in quel cast) genio assoluto di Massimo Piparo, senza cui nulla sarebbe successo, un dono il suo che non potrò ripagare mai abbastanza?! Ai visi cari di Francesca, di Carlo Buttò, di Santina?!... Al suo e mio fratello di sangue Giacomo Farina, uno dei pochi che sa davvero quasi tutto?!...
Ma no, guarda invece dove va!!! Da un'altra parte no eh?! Proprio lì, e che diamine!!!  In quel punto preciso del finale dello show... Si, perché JCS Millennium non terminava come ogni altro JCS, col tema di John 19:41, ma con un finale diverso, più "Fantasyoso", un finale tutto tutto suo: "Fantasy Hotel"...
"Wish that I could stay... But time permits no delay..." Solo che, fuck, proprio in quel cazzo di momento ogni santa santissima sera succedeva che si aprivano i rubinetti e le lacrime cominciavano a scendere. E mica poche, scendevano copiose le stronze, a ricordarci che anche se in quel preciso instante eravamo su quello stesso palco, sapevamo che lui sarebbe andato via... E qualcosa ce lo stava dicendo che sarebbe stato definitivo! Qualcosa, Dentro! Sennò non si spiega perché dopo allora, a tour finito, se c'era un'altra pur stupida occasione per stare insieme, anche il più freddo distaccato o superimpegnato di noi mandava tutto il mondo a farsi fottere e rispondeva "presente", per essere ancora una volta parte di lui, ancora una volta, ancora una.
Almeno una...
Io c'ero lì. Su quel palco.
Io piangevo. Si. Ogni sera.
Forse peggio di altri, perché prima di dire quella frase era verso me che stranamente guardava, ogni fottuta sera... Cantava come un padreterno rivolto alla gente, spotlight fissa su di lui immerso in un blu profondissimo, una magia incorruttibile; poi d'un tratto una leggera piega del viso verso la quinta laterale...
E m'uccideva!
Aveva anche cambiato il finale di quel cavolo di testo: l'originale diceva "wish YOU could all stay" e allora "u pigghiavamo p'u culo il "mister", e giusto a perenne memoria delle sue memorabili ed  "esose" cene e dopocene, gli dicevamo grazie, ma "grazie Signore grazie" della Sua MAGNAnima disponibilità, ma noi ahimè essere poverelli, e (a malincuore però eh) non potere purtroppo permetterci di pernottare ancora nel Suo anche se meraviglioso "CartaSi Hotel"!!!" E lui giù a ridere! Di se, di me, di noi, della infinita massa di persone a cui elargiva doni inestimabili prima e dopo ogni show, fosse Pieve di Cento o il Nazionale, la bimba cieca del Pirandello di Agrigento o il Papa a Tor Vergata davanti a un milione di persone!
Rideva lui, con quei denti infiniti, bianchi come il fondo degli occhi, contrasto estremo con la terra bruciata della pelle e il color pece di quelle pupille, luce pura di puro fuoco.
Non lo so perché scelse quel brano così pervaso dall'acre sapore dell'addio, a chiusura del "So long Judas", la parte terminale del nostro Jesus del millennio; ma so che ogni volta era un groppo in gola, per tutti, tutti noi. Da me, a Egidio La Gioia, a Olivia "25Fingers" Cinquemani, Paride "22 Acacia Avenue", Elia LoTauro, Claudio Compagno, Katherine Wilson, Alex Brunori, Marcellino Catalano, Maurizio Muscolino, Nicola Panebianco, Riccardo Biseo, Ivo Monte, Stefano "machine" Falcone, Adriano LoGiudice, Mark Hanna, Antonio Sarà, Maurizio Campo, Antonio Iasevoli, Giovannino Abbiati, Massimo "Dedo"menico, Ilaria Cenci, Paola Quilli, Cristina Le Rose, Ketty Roselli, Francesca Zaccherini, Marianna Russo, Marco Bebbu, MarcoPaolo Tucci, Sandrino Franchini,  Sandro Foglietta, Andrea Jacopini, Antonio Romano, Eliana Ghione e Ursula De Nittis,
al caro mio fratello Swan Roberto Croce (chiedo perdono a chi non ho citato, sto andando veloce e a memoria) tutti, da chi ballava a chi suonava, al cast, alle luci "avanti" del grande Marco Policastro, alla mitica fonica di Luca Finotti, a Marco "Mastrotitta" De Angelis, a tutti i crew e i direttori di scena; persino al "Mangiafuoco" Stefano Francese, che sentendo Paride dire "when brought about by friends" capì dalla sua famosa pronuncia "la fine è un po' più dura se provocata dalla "Franse"", convincendosi dunque (in quanto "francese" era lui)  d'essere proprio "lui" il vero cardine dello show, e dando così vita a una serie di boutades (inavvertibili dal mondo esterno) che definire spassose è dir poco: furiosi lanci di pane, cenni di venerata ubbidienza, crocifissioni minacciose... Di Gags così ne avrei a pacchi, come la prima a Genova con Amii, quando Paride cantò: "SURELY you're not saying..." e Carl strabuzzò gli occhi, e muovendo le labbra verso Amii, le disse sillabando: "He fuckin' called me SHIRLEY!!!" O quando a Cento Carl mi chiese se poteva fare Pilato almeno una volta, in pomeridiana, e gli uscì un meraviglioso "why do you not sleeps...speaks", che io naturalmente nel serale replicai in un serafico e rilassato "sleepspeaks" come se le parole fossero  sempre state quelle!!!
Per non parlare delle sfide sui numeri delle frustate, un vero e proprio "lotto" che (rivelo arrossendo) talvolta arrivava al 39 passando dal 15 o dal 27, se non addirittura al "Sautinain", ma cascava sempre giusto!!! O della foto che Carl ed Egidio si fecero a Bologna (mentre io ero già a Sanremo per il festival) davanti al palazzo di Re Enzo: naturalmente per loro non si trattava d'un Re Enzo qualsiasi, ma del notissimo (a noi) ENZO THE KING, proprio Lui, che "is once again my guest"...
Beh, io di pezzi di sangue come questi nel cuore ne ho più d'un miliardo, e forse persino di più.
Perché da quando Carl è arrivato in Italia a quando è andato via, per la massima parte del tempo lui ha voluto che io gli fossi accanto, o comunque in costante contatto. Certo ha avuto a disposizione personale, assistenti preziose e sensibili, care amiche come Marzia Elena etc. Ma a me er badula me metteva sempre 'n mezzo, seppur la mia risposta fissa fosse: "aridaje, ma che me so fatto, la suocera?!"...
E via ovunque, ma ovunque ovunque: alle "Stelle" col Cifarelli cantando Imagine (prima o poi la nostra versione duet la pubblicherò, man: un Carl Anderson mai sentito chissà se qualcuno lo vorrà ancora ascoltare...), oppure al "CigAir" con uno Jurman in adorazione, o alle magiche masterclass, ai concerti degli amici, a quelli suoi: comunque insieme, dove c'era da sorridere ma anche dove invece che sorridere c'era da bere veleno e spurgarlo; ma insieme, ovunque.
Questa tassa venne in qualche modo messa in schedule sin dalla prime sere alle prove da Sasanelli: "Oddio con chi torno stasera in hotel, it's not far, ma che mi daresti un passaggio tu?!" "Ma scierto, man" "Man, tu dove mangi? Sai, sono solo..." "Boh, tu?" "Uot ebàut Ciainìs??" "Uai not, anzi io ci avrei pure un amico cinese qua dietro, se davvero te piace se po fa!"
E ancora la rivedo la scena (come quando cammini per strada e da fuori guardi in una vetrina): solo due assoluti deficenti con un sorriso da qui a lì, in quel tavolo su strada del vecchio Zu, dove mi fece appioppare la mia prima zuppa di wanton, ora immancabile "entrée" cinese per me e mia figlia. Noi due, insieme, da quella antica sera: e fu subito chiaro che stava accadendo perché se non avesse avuto me forse non avrebbe potuto dire cose che altrimenti non avrebbe dette a nessuno, e che nessuno dalle queste mie labbra saprà mai! Così in qualche modo mi sono sentito privilegiato, scelto. Perché la cosa più importante l'aveva già detta. "Sai, sono solo....", armi abbassate, fragile come un cristallo, con un retrogusto che sapeva di triste, di logoro, amaro...
E per quanto io ho potuto solo non lo è più stato.
Era con me prima di entrare in teatro, e non ne usciva se non ero andato da lui, e se non ero ancora passato veniva lui da me: da na parte "che palle", "ma uno c'avrebbe pure na vita eh", pareva na cosa tipo Mimì e Cocò...
Ma Carl era con me (e spesso con Giacomo) anche mentre ringhiava per il violoncello che Mme Veronique aveva preteso a Milano per esercitarsi le manine sante; era con me quando scriveva a Khalil o anche a Leila Ali tutto il bene, l'orgoglio e la mancanza che un padre lontano può provare; era con me a casa di Tony e Roberta Zawinul mentre sognava di vivere qui con noi per sempre... E con me, a farmi sentire un cretino al concerto dei Syndycate, davanti a Joe Zawinul himself, Victor Bailey, Manolo Badrena, mentre mi presentava "ragazzi questo è Luca, è mio amico we made together JCS an'he sings likes a bastard motherfucker, don't have an idea!"... E poi a far tardi, sempre più tardi, quante volte fino a mattino fatto, sempre come se non ci fosse un domani, a anestetizzare la paura, a sputare sul "mai", ad ammazzare l'"ormai"... A tenerci per noi soltanto il "forever"...
Beh vecchio strillone sudista dei miei stivali, il "forever", il "per sempre" ESISTE! E sei qui anche ora a ricordarmelo!
E infatti man oggi non sto parlando di te, sto parlando di me! Non di morte, ma di vita! E di quanto hai lasciato qui dentro questa mia anima. Perché io man ti vedo! Sempre, in ogni cosa che faccio.
Ti vedo come t'ho visto mentre nasceva Alice, e ci avevi lasciato da 50 giorni appena. Ti vedo come t'ho visto quando stavo per mettere il piede in Arena per NotreDame. Ti vedo come t'ho visto mentre ero in macchina e mi telefonavano dicendo "Luca, il "Fantasma dell'Opera" sei tu!" e tirai quel cazzottone sullo sterzo...
Si, ti vedo.
Sono fortunato io.
Io ti ho. Tu ci sei.
E quando anche succedesse di aver l'impulso di dire come te "sai, sono solo", beh io non potrò farlo.
Perché tu ci sei.
Parte di me, vitale.
Così per quanto fiato avrò in gola canterò ancora la tua canzone. Qualunque canzone sia e a chiunque io la canti e mi farà l'onore di volerla ascoltare. Per quanta vita avrò in corpo porterò ancora addosso la tua verità. Che è la mia.
E lo farò come mi hai insegnato tu.
Esposto. Vulnerabile. Nudo come Gesù Bambino. O come quell'altro bambino, (ricordi?), quello li, il figlio che nessuna madre avrebbe voluto avere. Oddio come si chiamava... Ah si. Si chiamava Judas.
E chi sennò...
Ciao Carl, buon compleanno, dal profondo del mio cuore.
Se puoi bacia mia madre, ti prego.
Se puoi, non mancarmi mai.
Love & light.
Forever.
Amen.

Luca Velletri