Oggi
avrebbe 70 anni.
Meno 11. Fanno 59 anni suonati, e 11 non suonati...
Bene bene, bocce ferme...
Bottiglia di Brunello pronta, qui davanti ...
Allora... Uhm, respirare... Dove va la mente? In che
punto della storia? Che fotografie porterà con se?
Beh, potrebbe andare ovunque... Alla prima telefonata
di quel delirante (non fosse altro che per aver voluto
me in quel cast) genio assoluto di Massimo Piparo,
senza cui nulla sarebbe successo, un dono il suo che
non potrò ripagare mai abbastanza?! Ai visi cari di
Francesca, di Carlo Buttò, di Santina?!... Al suo e
mio fratello di sangue Giacomo Farina, uno dei pochi
che sa davvero quasi tutto?!...
Ma no, guarda invece dove va!!! Da un'altra parte no
eh?! Proprio lì, e che diamine!!! In quel punto
preciso del finale dello show... Si, perché JCS
Millennium non terminava come ogni altro JCS, col tema
di John 19:41, ma con un finale diverso, più
"Fantasyoso", un finale tutto tutto suo: "Fantasy
Hotel"...
"Wish that I could stay... But time permits no
delay..." Solo che, fuck, proprio in quel cazzo di
momento ogni santa santissima sera succedeva che si
aprivano i rubinetti e le lacrime cominciavano a
scendere. E mica poche, scendevano copiose le stronze,
a ricordarci che anche se in quel preciso instante
eravamo su quello stesso palco, sapevamo che lui
sarebbe andato via... E qualcosa ce lo stava dicendo
che sarebbe stato definitivo! Qualcosa, Dentro! Sennò
non si spiega perché dopo allora, a tour finito, se
c'era un'altra pur stupida occasione per stare
insieme, anche il più freddo distaccato o
superimpegnato di noi mandava tutto il mondo a farsi
fottere e rispondeva "presente", per essere ancora una
volta parte di lui, ancora una volta, ancora una.
Almeno una...
Io c'ero lì. Su quel palco.
Io piangevo. Si. Ogni sera.
Forse peggio di altri, perché prima di dire quella
frase era verso me che stranamente guardava, ogni
fottuta sera... Cantava come un padreterno rivolto
alla gente, spotlight fissa su di lui immerso in un
blu profondissimo, una magia incorruttibile; poi d'un
tratto una leggera piega del viso verso la quinta
laterale...
E m'uccideva!
Aveva anche cambiato il finale di quel cavolo di
testo: l'originale diceva "wish YOU could all stay" e
allora "u pigghiavamo p'u culo il "mister", e giusto a
perenne memoria delle sue memorabili ed "esose"
cene e dopocene, gli dicevamo grazie, ma "grazie
Signore grazie" della Sua MAGNAnima disponibilità, ma
noi ahimè essere poverelli, e (a malincuore però eh)
non potere purtroppo permetterci di pernottare ancora
nel Suo anche se meraviglioso "CartaSi Hotel"!!!" E
lui giù a ridere! Di se, di me, di noi, della infinita
massa di persone a cui elargiva doni inestimabili
prima e dopo ogni show, fosse Pieve di Cento o il
Nazionale, la bimba cieca del Pirandello di Agrigento
o il Papa a Tor Vergata davanti a un milione di
persone!
Rideva lui, con quei denti infiniti, bianchi come il
fondo degli occhi, contrasto estremo con la terra
bruciata della pelle e il color pece di quelle
pupille, luce pura di puro fuoco.
Non lo so perché scelse quel brano così pervaso
dall'acre sapore dell'addio, a chiusura del "So long
Judas", la parte terminale del nostro Jesus del
millennio; ma so che ogni volta era un groppo in gola,
per tutti, tutti noi. Da me, a Egidio La Gioia, a
Olivia "25Fingers" Cinquemani, Paride "22 Acacia
Avenue", Elia LoTauro, Claudio Compagno, Katherine Wilson, Alex Brunori,
Marcellino Catalano, Maurizio Muscolino, Nicola
Panebianco, Riccardo Biseo, Ivo Monte, Stefano "machine" Falcone,
Adriano LoGiudice, Mark Hanna, Antonio Sarà, Maurizio
Campo, Antonio Iasevoli, Giovannino Abbiati, Massimo
"Dedo"menico, Ilaria Cenci, Paola Quilli, Cristina Le
Rose, Ketty Roselli, Francesca Zaccherini, Marianna
Russo, Marco Bebbu, MarcoPaolo Tucci, Sandrino
Franchini, Sandro Foglietta, Andrea Jacopini, Antonio Romano, Eliana Ghione e Ursula De Nittis,
al caro mio
fratello Swan Roberto Croce (chiedo perdono a chi non
ho citato, sto andando veloce e a memoria) tutti, da
chi ballava a chi suonava, al cast, alle luci "avanti"
del grande Marco Policastro, alla mitica fonica di
Luca Finotti, a Marco "Mastrotitta" De Angelis, a
tutti i crew e i direttori di scena; persino al
"Mangiafuoco" Stefano Francese, che sentendo Paride
dire "when brought about by friends" capì dalla sua
famosa pronuncia "la fine è un po' più dura se
provocata dalla "Franse"", convincendosi dunque (in
quanto "francese" era lui) d'essere proprio
"lui" il vero cardine dello show, e dando così vita a
una serie di boutades (inavvertibili dal mondo
esterno) che definire spassose è dir poco: furiosi
lanci di pane, cenni di venerata ubbidienza,
crocifissioni minacciose... Di Gags così ne avrei a
pacchi, come la prima a Genova con Amii, quando Paride
cantò: "SURELY you're not saying..." e Carl strabuzzò
gli occhi, e muovendo le labbra verso Amii, le disse
sillabando: "He fuckin' called me SHIRLEY!!!" O quando
a Cento Carl mi chiese se poteva fare Pilato almeno
una volta, in pomeridiana, e gli uscì un meraviglioso
"why do you not sleeps...speaks", che io naturalmente
nel serale replicai in un serafico e rilassato
"sleepspeaks" come se le parole fossero sempre
state quelle!!!
Per non parlare delle sfide sui numeri delle frustate,
un vero e proprio "lotto" che (rivelo arrossendo)
talvolta arrivava al 39 passando dal 15 o dal 27, se
non addirittura al "Sautinain", ma cascava sempre
giusto!!! O della foto che Carl ed Egidio si fecero a
Bologna (mentre io ero già a Sanremo per il festival)
davanti al palazzo di Re Enzo: naturalmente per loro
non si trattava d'un Re Enzo qualsiasi, ma del
notissimo (a noi) ENZO THE KING, proprio Lui, che "is
once again my guest"...
Beh, io di pezzi di sangue come questi nel cuore ne ho
più d'un miliardo, e forse persino di più.
Perché da quando Carl è arrivato in Italia a quando è
andato via, per la massima parte del tempo lui ha
voluto che io gli fossi accanto, o comunque in
costante contatto. Certo ha avuto a disposizione
personale, assistenti preziose e sensibili, care
amiche come Marzia Elena etc. Ma a me er badula me
metteva sempre 'n mezzo, seppur la mia risposta fissa
fosse: "aridaje, ma che me so fatto, la suocera?!"...
E via ovunque, ma ovunque ovunque: alle "Stelle" col
Cifarelli cantando Imagine (prima o poi la nostra
versione duet la pubblicherò, man: un Carl Anderson
mai sentito chissà se qualcuno lo vorrà ancora
ascoltare...), oppure al "CigAir" con uno Jurman in
adorazione, o alle magiche masterclass, ai concerti
degli amici, a quelli suoi: comunque insieme, dove
c'era da sorridere ma anche dove invece che sorridere
c'era da bere veleno e spurgarlo; ma insieme, ovunque.
Questa tassa venne in qualche modo messa in schedule
sin dalla prime sere alle prove da Sasanelli: "Oddio
con chi torno stasera in hotel, it's not far, ma che
mi daresti un passaggio tu?!" "Ma scierto, man" "Man,
tu dove mangi? Sai, sono solo..." "Boh, tu?" "Uot
ebàut Ciainìs??" "Uai not, anzi io ci avrei pure un
amico cinese qua dietro, se davvero te piace se po
fa!"
E ancora la rivedo la scena (come quando cammini per
strada e da fuori guardi in una vetrina): solo due
assoluti deficenti con un sorriso da qui a lì, in quel
tavolo su strada del vecchio Zu, dove mi fece
appioppare la mia prima zuppa di wanton, ora
immancabile "entrée" cinese per me e mia figlia. Noi
due, insieme, da quella antica sera: e fu subito
chiaro che stava accadendo perché se non avesse avuto
me forse non avrebbe potuto dire cose che altrimenti
non avrebbe dette a nessuno, e che nessuno dalle
queste mie labbra saprà mai! Così in qualche modo mi
sono sentito privilegiato, scelto. Perché la cosa più
importante l'aveva già detta. "Sai, sono solo....",
armi abbassate, fragile come un cristallo, con un
retrogusto che sapeva di triste, di logoro, amaro...
E per quanto io ho potuto solo non lo è più stato.
Era con me prima di entrare in teatro, e non ne usciva
se non ero andato da lui, e se non ero ancora passato
veniva lui da me: da na parte "che palle", "ma uno
c'avrebbe pure na vita eh", pareva na cosa tipo Mimì e
Cocò...
Ma Carl era con me (e spesso con Giacomo) anche mentre
ringhiava per il violoncello che Mme Veronique aveva
preteso a Milano per esercitarsi le manine sante; era
con me quando scriveva a Khalil o anche a Leila Ali
tutto il bene, l'orgoglio e la mancanza che un padre
lontano può provare; era con me a casa di Tony e
Roberta Zawinul mentre sognava di vivere qui con noi
per sempre... E con me, a farmi sentire un cretino al
concerto dei Syndycate, davanti a Joe Zawinul himself,
Victor Bailey, Manolo Badrena, mentre mi presentava
"ragazzi questo è Luca, è mio amico we made together
JCS an'he sings likes a bastard motherfucker, don't
have an idea!"... E poi a far tardi, sempre più tardi,
quante volte fino a mattino fatto, sempre come se non
ci fosse un domani, a anestetizzare la paura, a
sputare sul "mai", ad ammazzare l'"ormai"... A tenerci
per noi soltanto il "forever"...
Beh vecchio strillone sudista dei miei stivali, il
"forever", il "per sempre" ESISTE! E sei qui anche ora
a ricordarmelo!
E infatti man oggi non sto parlando di te, sto
parlando di me! Non di morte, ma di vita! E di quanto
hai lasciato qui dentro questa mia anima. Perché io
man ti vedo! Sempre, in ogni cosa che faccio.
Ti vedo come t'ho visto mentre nasceva Alice, e ci
avevi lasciato da 50 giorni appena. Ti vedo come t'ho
visto quando stavo per mettere il piede in Arena per
NotreDame. Ti vedo come t'ho visto mentre ero in
macchina e mi telefonavano dicendo "Luca, il "Fantasma
dell'Opera" sei tu!" e tirai quel cazzottone sullo
sterzo...
Si, ti vedo.
Sono fortunato io.
Io ti ho. Tu ci sei.
E quando anche succedesse di aver l'impulso di dire
come te "sai, sono solo", beh io non potrò farlo.
Perché tu ci sei.
Parte di me, vitale.
Così per quanto fiato avrò in gola canterò ancora la
tua canzone. Qualunque canzone sia e a chiunque io la
canti e mi farà l'onore di volerla ascoltare. Per
quanta vita avrò in corpo porterò ancora addosso la
tua verità. Che è la mia.
E lo farò come mi hai insegnato tu.
Esposto. Vulnerabile. Nudo come Gesù Bambino. O come
quell'altro bambino, (ricordi?), quello li, il figlio
che nessuna madre avrebbe voluto avere. Oddio come si
chiamava... Ah si. Si chiamava Judas.
E chi sennò...
Ciao Carl, buon compleanno, dal profondo del mio
cuore.
Se puoi bacia mia madre, ti prego.
Se puoi, non mancarmi mai.
Love & light.
Forever.
Amen.
Luca Velletri
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