DALLA SAVANA ALLA GIUNGLA PASSANDO PER IL RING

L'offerta teatral-musicale di Amburgo non delude, tra novità e blockbuster Disney

 

 

Reportage di Franco Travaglio

Succede anche che si vada a teatro col traghetto. Non siamo a Venezia e nemmeno in qualche isola sperduta, ma ad Amburgo, sede tedesca della Stage Entertainment, della relativa Joop Van Den Ende Academy e di ben tre (si dice imminente la costruzione del quarto) teatri griffati con la S della multinazionale del live entertainment. La sala in questione, chiamata per l'appunto Stage Theater, che ospita la versione teutonica del Re Leone, è infatti posizionata su un'isoletta sull'estuario dell'Elba e quindi l'unico modo per accedervi è accomodarsi su una delle navette addobbate con i colori e il logo dello spettacolo che trasportano gratuitamente gli spettatori. Se lo stesso viaggio è già una gradevole esperienza, il secondo spettacolo lo si gode varcando le porte del teatro. Entrare in questi edifici votati al teatro musicale vale già una parte cospicua del biglietto: spazi eleganti, accoglienti dal botteghino fino all'ultima toilette, con punti vendita per merchandising di ogni tipo, oggetti d'arte in esposizione e punti di ristoro assortiti: il tutto mette nelle condizioni lo spettatore di godersi a fondo lo spettacolo invogliandolo anche a tornare. Terza emozione lo spettacolo vero e proprio: parliamo di uno dei più grandi blockbuster a livello mondiale, sicuramente il più riuscito e geniale delle produzioni Disney. Assume particolare significato per lo spettatore italiano, non perché ci sia mai stata una produzione nostrana, ma perché gli abbiamo recentemente regalato due talenti dell'eccellenza italiana: la performer Daniela Pobega (ha creato Nala nella fortunatissima edizione madrilena che sta per intraprendere il terzo anno consecutivo di repliche) e il direttore musicale Simone Manfredini (fresco direttore associato della produzione londinese). Per tutte queste ragioni l'attesa che precedeva la visione dell'edizione tedesca accendeva altissime aspettative, non completamente ripagate. Certo, è impossibile rimanere indifferenti di fronte allo sfarzo produttivo, ai colpi di scena, all'incredibile mole di talento e creatività che hanno permesso la trasposizione scenica di questa sorta di Amleto felino in cui la savana diventa ambiente e protagonista, con l'assenza pressoché totale di personaggi umani. Non mi dilungherò a spiegarvi della sinergia attore-maschere, delle trovate sceniche, del tripudio di colori, luci, costumi ed effetti che da decenni (10 anni solo ad Amburgo) sorprendono il pubblico mondiale: se avete già apprezzato The Lion King rischierei di annoiarvi, e se non l'avete ancora visto (cosa aspettate?) finirei per guastarvi la sorpresa. Sappiate comunque che la Stage ha riprodotto il format - musicato tra gli altri da Elton John - con la consueta professionalità e dispiego di mezzi, in una edizione che sta un gradino sotto a Londra (ci è sembrato mancassero alcuni animali alla processione iniziale) e uno sopra Madrid (la rocca qui entra in scena da sotto palco diversamente dall'edizione spagnola). Paragonandolo all'edizione iberica, l'ultima che abbiamo visto, non ci è parso invece del tutto all'altezza il cast. Possiamo trovare tutte le scusanti del caso: una serata non all'altezza, le emozioni impareggiabili provate nell'assistere alla performance della nostra Nala italiana, la maggiore vicinanza tra le sonorità italiane e quelle spagnole rispetto alla lingua germanica, sta di fatto che qui ad Amburgo ci siamo emozionati più per la spettacolarità che per le interpretazioni, senza nulla togliere alla simpatia e al talento di questo cast.

DER KÖNIG DER LÖWEN
Book: Riger Allers  Irene Mecchi
Musiche: Elton John
Liriche: Tim Rice
Musiche e liriche aggiunte: Lebo M, Mark Mancina, Jay Rifkin, Julie Taymor, Hans Zimmer
Scenic design: Richard Hudson
Costume design: Julie Taymor
Mask & Puppet design: Julie Taymor, Michael Curry
Hait & Makeup design: Michael Ward
Lighting design: Donald Holder
Sound design: Steve Canyon Kennedy
Traduttore liriche: Michael Kunze
Traduttore dialoghi: Michael Kunze
Supervisore musicale: David Holvenberg
Casting: Simone Linhof, Pippa Ailion
Produttori associati Disney: Todd lacy, Aubrey Lynch II
Direttore associato: John Stefaniuk
Supervisore di produzione: Doc Zorthian
Produttore Associato: Ulf Maschek
Managing director: Maik Klokow
Supervisori tecnico: Ivo Schob, John Tiggeloven
Resident director: Cornelius Baltus
Prodution dance supervisor: Marey Griffith
Resident dance supervisor: TJ Thee
Production Stage Manager: Willem Metz
Supervisore musicale: Clement Ishmael
Direttore musicale: Holger Kolodziej
Orchestrazioni: Robert Elhai, David Metger
Musica produced for the stage & additional score: Mark Mancina
Produttore musicale associate: Robert Elhai
Additional vocal score, vocal arrangemente & choral director: Lebo M
Coreografie: Garth Fagan
Produttori: Joop Van Den Ende, Thomas Schumacher, Peter Schneider
(film originale “Rocky” prodotto in associazione da Irwin Winkler, Robert Chartoff e MGM on Stage)

CAST DEL 21/06/2013 ore 20:00
Rafiki: Futhi Mhlongo
Mufasa: Luther Simon
Sarabi: Balungile Gumede
Zazu: Joachim Benoit
Scar: Willi Welp
Simbad giovane: Esmael
Nala giovane: Leonie
Shenzi: Moya Angela
Banzai: Fredrik Wickerts
Ed: Sean Gerard
Timon: Gavin Turnbull
Pumbaa: Bernd Lambrecht
Simba: Djalma Gama Filho
Direttore d’orchestra: Lukas Höfling

 

Tempo di una breve ma intensa visita all'Amburgo turistica - gran bella città, non c'è che dire - ed eccoci rituffati nel magico mondo Stage. All'Operettenhaus una produzione che ci introduce a un'altro filone della produzione Joop Van Den Ende. Accanto ai grandi show "in franchising" ultimamente si è intrapreso anche lo sviluppo di nuovi format. Dopo la diffusione mondiale di Sister Act versione musical (uno dei pochi titoli Stage arrivati anche da noi) un altro cult movie è stato adattato per il teatro musicale con la formula "film hollywoodiano-creativi di Broadway-coproduzione col protagonista del film". Là dove c'era il premio Oscar Alan Menken e la star Woopie Goldberg, qui troviamo gli autori di Ragtime Lynn Ahrens & Stephen Flaherty, e Sylvester Stallone. Parliamo di Rocky, la fortunata saga cinematografica che ha consacrato Stallone nel firmamento hollywooodiano indossando i guantoni del pugile in odor di riscatto sociale Rocky Balboa. Se però Sister con le sue suore canterine e la sua struttura metateatrale sospesa tra backstage e gangster story in salsa rosa sembrava già predestinata per le tavole del palcoscenico, la scelta di trasportare uno dei più celebri ring della storia del cinema tra le quinte di un musical non era così scontata. I personaggi sono pochi: accanto al protagonista (non abbiamo visto il divo Drew Sarich ma David Arnsperger, che ha recentemente interpretato Joe Gillis in Sunset Boulevard a Klagenfurt), pugile di modesta caratura che 'lotta col cuore', solo la celebre fidanzata Adrianaaaaaa, prima timida poi sicura di sé, il fratello possessivo con moglie e amiche vagamente 'Dynamos', lo sfidante Apollo Creed e l'allenatore, che non supera qui lo status di cameo. Ci voleva per reggere questa trama - avvincente ma un po' asfittica - un impianto scenico colossale e una colonna sonora veramente memorabile. Il primo elemento non delude: il tentativo è quello di ispirarsi al 'neorealismo' di un 'Billy Eliott' (anche se la storia qui non apre gli squarci di sogno e commozione del ragazzino danzante) con un budget decisamente più sostenuto e un impianto più vario, mobile e innovativo. Meno convincente invece la colonna sonora: le canzoni e i numeri sono gradevoli ma dagli autori di pagine dell'intensità di "Your Daddy's Son" e "Wheels Of A Dream" era lecito aspettarsi qualcosa di più. Fino all'intervallo infatti lo show non decolla: il pugno nello stomaco che ci fa dire "Ecco, lo spettacolo è davvero iniziato" arriva infatti solo col primo numero del secondo atto. Sulle trascinanti note della celeberrima "Eye of the Tiger" (unico brano edito tratto dalla colonna sonora originale, insieme all'iconico "Gonna Fly Now (Theme from Rocky)" che echeggia più volte e innerva tutto l'opening del primo atto) assistiamo al training di Rocky per lo scontro finale, realizzato con un montaggio cinematografico (anche se l'uso di proiezioni non è per fortuna troppo invasivo) e un crescendo di adrenalina. Tutto è pronto per la scena delle scene, che giustifica tutta l'operazione e arriva giustamente al culmine del second'atto segnata dal colpo di teatro che tutti ci aspettavamo. Tutto un settore della platea viene evacuato, gli spettatori vanno sul palco a fare da pubblico del match, sulle poltrone viene montata una pedana (il tutto ovviamente senza interrompere mai la recita) e il ring scivola imponente in mezzo alla sala con l'azione scenica spostata nel cuore del teatro. L'effetto è finalmente mozzafiato e il cuore, se non per la tenacia del protagonista che perde conservando l'onore e dando prova di coraggio e dignità, batte almeno per la magniloquenza realistica della messa in scena, in cui Stage ha investito molte risorse. Prossima fermata, si annuncia, Broadway. Si spera dopo una corposa revisione. Là nemmeno un duro come Rocky può sopravvivere al ko, di fronte ai colpi di un pubblico e una critica molto esigenti.

ROCKY – das Musical

Book: Thomas Meehan
Musiche: Stephen Flaherty
Liriche: Lynn Ahrens
Set design: Christopher Barecca
Costume design: David Zinn
Lighting design: Christopher Akerlind
Sound design: Peter Hylienski
Video design: Pablo M. Molina
Special effects design: Jeremy Chernick
Wig & make up design: Harold Mertens
Traduttore liriche: Wolfgang Adenberg
Traduttore dialoghi: Ruth Deny
Orchestrazioni: Doug Bestermann
Supervisore musicale: David Holvenberg
Arrangiatore vocale: Stephen Flaherty
Direttore musicale: Bernhard Volk
Direttore casting: Ralf SChaedler
Resident director: Christoph Drewitz
Production Stage Manager: Doris Klostermann, Markus Paetsch
Production Manager Stage Entertainment: Uschi Neuss
Supervisore tecnico: Martin Siebler, Clemens Weissenburger
Executive Producer:  Kertsin Schnitzler
Executive Producer Stage Entertainment: Ulf Maschek
Creative Producer Stage Entertainment: Michael Hildebrandt
Fight choreographer: Steven Hogett
Coreografo: Kelly Devine
Regista: Alex Timbers
Produttori: Joop Van Den Ende & Johannes Mock-O’Hara
(film originale “Rocky” prodotto in associazione da Irwin Winkler, Robert Chartoff e MGM on Stage)

CAST del 22/06/2013 ore 15:00
Rocky Balboa: David Arnsperger
Adrian: Silke Braas
Apollo Creed: Orion OJ Lynch
Gloria: Alex Avenell
Paulie: Patrick Imhof
Mickey: Uwe Dreves
Gazzo/Jimmy Michaels
Jergens/Tommy Crosetti
Manager di Apollo: Christopher Hayes Hemmans
Buddy/Doktor: Dominik Schulz
Vigile/Mike/Bob Dunphy: Stefan Leonard
Wisotzky/annunciatore: Jogi Kaiser
Red Brady: Alex Brugnara
Dipper/cornerman di Apollo: Sasha Di Capri
Pugile: Alessandro Cococcia
Pugile/corner man di Rocky: Francisco del Solar
Pugile/promoter/giudice al ring: Dave Mandell
Pugile: AAdam Floyd
Pugile: Fernando Spengler
Angie: Franziska Lessing
Joanne: Juliane Dreyer
Linda McKenna/Apollo girl: Denise Obedekah
Apollo girl: Kisha Howard
Apollo girl: Dörte Nidermeier
Direttore d’orchestra: Tobias Vogt

Un altro eroe cinematografico richiama il pubblico amburghese, in un altro show targato Disney in arrivo a bordo di una liana dalla giungla di Broadway. Tarzan non aveva eguagliato il successo di Lion King ma vanta anch'esso una colonna sonora d'autore - con Phil Collins che prende il testimone da Elton John - e la sfida di una messa in scena segnata da problematiche non banali: scene di volo, animali che dialogano con gli umani, bambini in scena, presenze iconiche conosciute nel grande schermo (regno del 'tutto è possibile'), da rendere con le ridotte, ma proprio per questo più stimolanti, possibilità del teatro. Anche questo titolo non si è mai visto da noi, ma - se Maometto non va alla montagna, tutti sanno che prima o poi succede il contrario - un altro pezzetto del talento italiano ce lo ritroviamo pure in questo Tarzan teutonico. Fresco di debutto abbiamo infatti visto nei panni dell'uomo-scimmia proprio un italiano, Gian Marco Schiaretti che i fan dell'opera popolare ricorderanno come Mercuzio del Giulietta e Romeo cocciantiano, nonché Principe nel recente Biancaneve il musical. Entrati in sala ci si trova davvero nel bel mezzo della giungla: pareti di verdi fronde in materiale plastico ricoprono il boccascena e tutte le pareti circostanti, riproducendo lo sfondo grafico del materiale promozionale. Lo spettacolo si apre con un naufragio, il naufragio della famiglia del futuro Tarzan. Con un effetto tanto cinematografico quanto spettacolare vediamo il terzetto rianimarsi e allontanarsi dalla riva del mare come visti di una macchina da presa a volo di uccello, con semplici movimenti di teli a suggerire la risacca, e gli attori appesi a cavi che si muovono camminando sul fondale-spiaggia. Il racconto dell'antefatto è segnato dall'arrivo di un temibile leopardo (interpretato da un altro ballerino italiano, Alessio Impedovo: in tutto sono 5 gli interpreti tricolori in un cast cosmopolita) che risparmierà solo il bimbo, destinato ad essere adottato dalla scimmia Kala. I primati sono l'altro elemento che fanno di Tarzan uno degli show più spettacolari a cui abbia io mai assistito, forse il primo in classifica per velocità, dinamica e per come tutti gli elementi sono messi a servizio della storia. Il loro ingresso in scena sorprende tutti: scopriamo infatti che dietro le fronde un sistema di quinte ed elementi elastici e gonfiabili, unito a una serie di 'basi-volo' disseminate per tutta la sala, permette agli animali e a Tarzan stesso di volare sulle liane a pochi centimetri dalle teste degli spettatori, compiendo evoluzioni, acrobazie, coreografie e molto spesso cantando e recitando appesi. Ecco la trama che si dipana: la 'adozione' del cucciolo d'uomo causa incomprensioni tra Kala e il suo compagno Kerchak, indurito dalle responsabilità di capobranco e diffidente verso la natura umana. Il piccolo (l'eccellente Niklas Post) canta "I Need To Know" (brano struggente in cui sono riconoscibili le sonorità del batterista dei Genesis), in cui si chiede se esiste un posto in cui sentirsi a casa sua. Ma con l'aiuto del giovane gorilla Terk (un altro italiano, Emanuele Caserta) si integra nella comunità scimmiesca e cresce.

È l'ingresso in scena di Gian Marco Schiaretti, che si rivela a suo agio sia con l'impervia lingua tedesca, sia con i movimenti spericolati del personaggi, oltre che con le 3 arti che ne fanno un eccellente performer. Seguiamo la storia attraverso i suoi occhi, che vivono il colpo di fulmine quando salva da un ragno gigante l'umana Jane, nella giungla col padre professor Porter, impegnati in una serie di esplorazioni (il primo incontro della giovane donna con la lussureggiante flora e fauna del luogo è uno dei momenti visivamente più magici) che la portano all'incredibile scoperta dell'uomo-scimmia. Verso il finale un evento tragico causato da Clayton, la violenta guida della spedizione, rischia di rovinare l'idillio ma l'happy end è assicurato, con il 'mal d'africa' che prende il sopravvento e trasforma ognuno a suo modo in un novello Tarzan. Tutte le qualità della ricca e ingegnosa produzione e del cast superlativo (vi rimandiamo al box per sapere i nomi di tutti) hanno già garantito a questo titolo cinque anni consecutivi di repliche, ma presto le liane porteranno Tarzan & C. a Stoccarda, dove è previsto il debutto in autunno. Auguriamo al "nostro" Gian Marco e a tutta la compagnia un successo ancora più duraturo, con la speranza che anche le capitali italiane tornino presto ad ospitare blockbuster di questo calibro.

TARZAN:
Musiche & liriche: Phil Collins
Book: David Henry Hwang
Adattamento liriche: Frank Lenart
Adattamento dialoghi: Ruth Deny
Set & Costume design: Bob Crowley
Lighting design: Natasha Katz
Sound design: John Shivers
Hair design: David Brian Brown
Makeup design: Naomi Donne
Soundscape: Lon Bender
Special creatures: Ivo Coveney
Fight direction: Rick Sordelet
Vocal arrangements: Paul Bogaev
Dance arranger & Musica Supervisor: Jim Abbot
Orchestrations: Doug Berstermann
Production supervisor: Clifford Schwartz
Technical supervisor: Steffen Riese, Tom Shanem Bussey, Casting: Ralf Schädler
Production management: Uschi Neuss
Original Broadway Choreography: Meryl Tankard
Associate Director: Jeff Lee
Associate producer: Marshall B. Purdy, Debby Gastes
Executive producer: Ulf Mascher
Original Broadway producer: Thomas Schumacher
Producer Jopp Van Den Ende
Aerial designer: Pichón Baldinu
Music producer: Paul Bogaev
Choreographer: Sergio Trujillo
Director: Bob Crowley

CAST DEL 22/06/2013 ore 20:00
Tarzan: Gian Marco Schiaretti
Jane: Merle Hoch
Kala: Melanie Ortner
Kerchak: Andreas Lichtenberger
Terk: Emanuele Caserta
Porter: Japheth Myers
Clayton: Rudi Rescke
Tarzan bambino: Niklas Post

Cantanti solisti:
Maria Walter
Karen Selig-Deininger
Charis O’Connor
Rune Møller

Ensemble:
Marta Di Giulio
Sabrina Sepe
Mireille Bobst
Juston-Lee Jones
Alessio Impedovo
Samuel Hoi-Ming Chung
Patrick Robinson
Calum Flynn
James Ivankov

Regia: Marcel Meyer
Direttore d’orchestra: Bob Edwards

Cast e Team a cura di Roberta Mascazzini

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A 40 ANNI DAL DEBUTTO I QUEEN SONO PIÙ VIVI CHE MAI

26/05/2013, Colosseum Theater, Essen, NRW (Germania)

 

Freddy Mercury ha lasciato questo mondo, ma le canzoni che interpretò con la sua inimitabile voce continuano ad affascinare ed entusiasmare vecchi e nuovi fans della band. Non solo, il 14 maggio 2002 ha debuttato al Dominion Theatre di Londra il musical "We Will Rock You", accolto in modo piuttosto negativo dalla critica. In effetti potrebbe inizialmente sembrare il classico juke box musical messo insieme in poco tempo per cavalcare l'onda del successo della rock band inglese dei Queen, del suo discusso leader e della sua altrettanto discussa prematura scomparsa. Se così fosse, però, lo show non resisterebbe tutt'ora sui palcoscenici internazionali. Esso è stato infatti tradotto e rappresentato in molte lingue tra cui l'italiano, nella riuscita produzione Barkley Arts del 2009. In realtà questo spettacolo rimase per un po' di tempo solo un sogno nel cassetto, un'idea che il chitarrista Brian May aveva in testa fin dagli Anni '80 come commemorazione biografica in forma di musical del leggendario Freddy, ancora vivo ma già assurto a leggenda. Col passare degli anni, le persone interessate all'idea cambiano ed insieme a loro anche la trama. "We Will Rock You" non sarà più la storia di Freddy Mercury, ma un musical dalla trama fantascientifica che si potrebbe inquadrare in quel filone che ha dato vita a film ambientati in un alienante futuro dove gli esseri umani sono spersonalizzati, dominati da un tiranno, privi di pensiero individuale e, come a sottolineare le caratteristiche precedenti, persino vestiti tutti uguali, eccezion fatta per coloro che stanno al potere, in modo da distinguere anche nell'aspetto dominatori e dominati. Ed ecco che il musical trasporta lo spettatore 300 anni in avanti, in un ipotetico futuro in cui i computer regnano nella vita degli uomini a tal punto che persino la musica, simbolo di creatività e di libertà per antonomasia, viene creata solo da questi strumenti tecnologici. Il pianeta non si chiama più Terra, ma nel frattempo è stato rinominato eBay (Mall nella versione italiana e iPlanet in quella anglofona). Quest'umanità uniforme, è simboleggiata dai giovani Gaga ("Radio Gaga"), che poi tanto lontani dalle nuove generazioni o dai modelli loro proposti non sembrano essere. Ma qualcosa può sempre sfuggire al controllo, ed ecco così le due "pecore nere" Galileo e Scaramouche: lui sognatore ("I want to break free") che sente nella sua testa melodie e versi in una lingua morta, l'inglese, e lei una ragazza derisa dalle compagne perché "diversa", ovvero non spersonalizzata ("Somebody to love"). Per questo motivo i due finiranno per essere catturati da Khashoggi, scagnozzo di Killer Queen, la tiranna che attraverso l'azienda Globalsoft governa il pianeta con il dominio delle menti. Ma la cattura dei due ragazzi è anche la causa del loro incontro e l'inizio della fine dell'era Gaga. I due giovani scapperanno insieme ed incontreranno Britney (uomo) ed Ozzy (donna), che fanno parte di un gruppo di ribelli, detti Bohemians, custodi dei testi sacri riguardanti una profezia circa l'esistenza di un ultimo strumento musicale nascosto "in the living place of rock", cosa che fa intendere si trovi sotto a qualche roccia. I Bohemians credono di riconoscere in Galileo l'uomo citato nella profezia e così si convincono di avere il dovere di ritrovare il mitico strumento perduto. Da questo momento inizia la parte probabilmente più forzata della trama, che forse avrebbe potuto essere scritta meglio o con passaggi più logici tramite qualche battuta aggiuntiva oppure diversa. La polizia fa irruzione nel rifugio dei Boehemians, l'Heartbreak Hotel, ne uccide alcuni e ne cattura altri, ai quali annienterà le menti per poi spedirli in "esilio" in un luogo chiamato "Seven seas of Rhye". Forzato è il motivo, un sogno, per cui Galileo e Scaramouche decidono di recarsi al lago di Ginevra, luogo che viene fatto coincidere con i "Seven seas of Rhye" in cui si trovano i Bohemians sopravvissuti e diventati ormai solo l'ombra di sé stessi. La scelta del luogo era però dovuta, in quanto proprio a Montreux, luogo in cui Freddy Mercury trascorse gli ultimi anni di vita, esiste davvero una statua gigante del cantante e la location funge perciò da elemento integrante nella trama. Forzata è anche l'improvvisa emersione della statua dal lago: se era sprofondata, perché dovrebbe riemergere all'improvviso? Ancora più forzata è l'intuizione per cui i ragazzi ed i ribelli sopravvissuti capiscono che la statua punti al "place of living rock", l' "arena dei campioni". Questo posto è lo Stadio di Wembley dove la rock band Queen ha dato spesso concerti e dove i ragazzi si precipitano subito in sella ad una rockissima Harkey Davidson ("Headlong") per trovare il luogo sacro ormai in rovina e per di più senza traccia di alcun strumento musicale. Forzata all'inverosimile è infine l'apparizione improvvisa della chitarra non appena Galileo intona a cappella splendidamente la title song "We Will Rock You". La trasmissione online delle note suonate invece da Scaramouche con la chitarra elettrica – era lei la persona eletta e non Galileo che non riesce invece a suonare - segneranno la sconfitta di Killer Queen e della sua Globalsoft ed il ritorno alla libertà musicale e di pensiero.

Come dicevamo la trama del musical, concepita per caso dallo scrittore Ben Elton nel 2000, sembra rimandare a storie come "Matrix" o "1984", ma è contemporaneamente attualissima: molti sono i riferimenti contemporanei: dal nuovo nome del pianeta, eBay nella produzione tedesca, all'uso di internet, della musica da scaricare dalla rete, alla raffigurazione di ragazzi e ragazze vestiti uguali, alle citazioni su Facebook, sui talent shows, alla globalizzazione in generale. Forse, per chi lavora(va) nel modo discografico i problemi della crisi musicale dovuti alle nuove tecnologie erano già evidenti più di dieci anni fa. Per dare modo allo spettatore di immedesimarsi maggiormente e di capire l'ironia della storia, i dialoghi di ogni produzione vengono naturalmente adattati alla realtà locale con continui aggiornamenti. Ed ecco così che ad Essen fioccano battute su trasmissioni come "Deutschland sucht den Superstar" e "Germany's got Talent", evidentemente non ancora in onda quando il musical fu rappresentato con grande successo a Colonia nel 2004. Diversi riferimenti alla cultura musicale tedesca, compreso Udo Jürgens, ormai noto ai musical fans italiani per aver scritto "Ich war noch niemals in NY". Nella produzione tedesca è inserito anche un dialogo piuttosto lungo, a ben guardare, sul nome Scaramouche che Galileo affibbierà alla sua compagna d'avventure, nonché amata. La ragazza, nella versione teutonica, insiste molto più a lungo sul non volere quel nome, rispetto alla versione anglosassone. Il motivo è chenon vorrebbe rischiare di esser poi chiamata col diminutivo Mouchy, che ha un'assonanza con la parola tedesca Muschi, che indica le parti intime femminili. Probabilmente gli adattatori del testo hanno usato un dialogo lungo proprio perché da una parte sarebbe stata un'occasione di battuta persa o forse avrebbe anche reso incomprensibile l'accettazione di un tale nome ad un pubblico, magari non a conoscenza di tutti i titoli delle canzoni dei Queen. "We Will Rock You" debutta in Germania nel 2004 a Colonia dove vi rimane per ben quattro anni, consacrando questo musical come uno dei più amati dal pubblico tedesco, che avrà occasione di rivederlo poi a Stoccarda, a Berlino ed infine ad Essen con un nuovo cast. Tuttavia, per alcune rappresentazioni, ci sono stati dei walk-ins da parte di attori che ormai il pubblico fa addirittura coincidere con Galileo e con Scaramouche. Si tratta di Alex Melcher e di Vera Bolton. Insieme sono un duo di una vitalità e di una forza trascinante veramente irresistibili. Complici anni di lavoro insieme e, quindi, di affiatamento, una predisposizione vocale e fisica a questi ruoli e ad un'anima veramente rock. Alex, certamente non bello come l'attore che detiene il ruolo quest'anno, ma di una capacità interpretativa delle canzoni che fa rivivere davvero il mito di Freddy Mercury. Non a caso, si vede spesso anche su altri palcoscenici a cantare canzoni della rock band londinese. Sa dare al personaggio il giusto piglio mezzo ingenuo e mezzo stupidotto, ma anche nervosamente agitato del ragazzo che sente le voci, ma all'improvviso diventa subito un vero rocker sicuro di sé non appena deve intonare una canzone. Vera Bolton è davvero la sua partner ideale: voce graffiante, movenze un po' alla Cindy Lauper e grinta da vendere per una donna. I dialoghi tra due sono talmente ben adattati e recitati da creare molti più momenti divertenti che nella versione originale in inglese. Un'altra performer che spicca in modo piuttosto evidente e prepotente è Marjolein Teepen, sostituta di Brigitte Oelke, nota per aver interpretato il ruolo di Killer Queen praticamente in tutte le produzioni. Marjolein ha una grande presenza scenica, una voce grintosa e graffiante e, soprattutto, una mimica facciale veramente sorprendente, visibile non solo nel normale recitato, ma anche e, soprattutto, nei "collegamenti video" dalla sede della Globalsoft in cui tra una frase e l'altra deliziava il pubblico con le sue espressioni di cattiveria e di disgusto per come il suo tirapiedi Khashoggi stesse gestendo la situazione. Il vice di Killer Queen era magistralmente interpretato da Martin Berger, altro veterano di WWRY. Un Khashoggi con una bella voce, che non si faceva sovrastare dalla presenza scenica della sua "capa" e che, tanto per farci ricordare un po' di più Matrix, indossava anche degli occhiali scuri. Come non citare anche Markus Neugenbauer nei panni muscolosi di Britney Spears che fa alzare il pubblico in piedi a cantare insieme a lui "I want it all". La sua compare Ozzy, alias Anna Lindman, è brava senza eccellere e non fa una performance che lascia il segno. Léon Van Leeuwenberg interpreta il ruolo di Polo, che nella versione inglese si chiama Pop. Non solo il suo nome è differente, ma mostrando a Galileo e Scaramouche il suo pezzo antico salvato dalla distruzione, non tirerà fuori una musicassetta ed mangianastri, ma una vhs ed un videoregistratore. Al di là dei piccoli dettagli sopra citati, l'unica vera differenza riscontrata nella produzione tedesca, peraltro esistente anche nelle precedenti, consiste nella scelta di utilizzare due lingue nelle canzoni: alcune canzoni, solo sei, sono tradotte in tedesco, mentre il resto viene lasciato nell'originale inglese. Caso particolare costituisce "I want ti break free", visto che nella reprise di Scaramouche la canzone inizia in tedesco per poi continuare in inglese. Questa differenza è dovuta ad una precisa scelta stilistica degli adattatori nel creare un taglio netto tra la lingua del rock, una lingua morta, che è l'inglese e la lingua del mondo spersonalizzato, dei dominatori della Globalsoft e della generazione Gaga, il tedesco. Per questo motivo, Galileo, Scaramouche ed i Boehemians usano l'inglese e gli altri il tedesco. Cosa comunque fatta in modo non troppo coerente, visto che Scaramouche inizia a cantare appunto "I want to break free" in tedesco" e che Ozzy canta "No one but you" in tedesco. Killer Queen utilizza a sua volta un misto, ma con prevalenza dell'inglese, per la canzone "Play the game": pare che lei trovi l'uso della lingua proibita eccitante, emozione provata da chiunque nel fare qualcosa di vietato. Al di là di queste differenze che riguardano esclusivamente l'adattamento alla lingua ed alla cultura locali, il musical è fedelissimo all'originale: i costumi, le scenografie e le coreografie e persino i tatuaggi dei personaggi sono gli stessi. Dopo tre mesi di tutto esaurito al Colosseum Theater diEssen, si attendono le date per altre città in Germania, Svizzera ed Austria che verranno rese note a breve. D'altra parte, il pubblico sembra gradire questo musical e, se in Germania ha già totalizzato 4 milioni di spettatori, ci si può attendere anche per il futuro risultati molto positivi. Non solo lo show può contare su canzoni amate e su interpreti di qualità, ma anche su scenografie apparentemente semplici, ma nello stesso tempo molto spettacolari, grazie all'uso sapiente di tecniche multimediali: un disegno luci perfetto che si combina a proiezioni video che si integrano e completano le coreografie dei perfomers. Il pubblico gradisce tutto ciò e partecipa attivamente. Ogni spettacolo è come un concerto rock: si balla in piedi, si canta e si fanno ondeggiare le luci delle mini torce elettriche o dei telefonini durante le canzoni romantiche. Peccato che dopo soli tre mesi di repliche lo show, stavolta, almeno ad Essen, non continui.

Roberta Mascazzini