PIA DOUWES COME MARIA CALLAS?

Dalla capitale della musica fino al Giappone, viaggio nel Musicalboom in lingua tedesca

Pia Douwes come Maria Callas? Certamente sì. Perché dall’Austria in su il “musical” è un vero e proprio fenomeno di costume, che mobilita fans e media in egual misura. I produttori della prima edizione in lingua tedesca di “Cats”, nel lontano 1983, non immaginavano di certo che la loro iniziativa avrebbe prodotto una vera e propria rivoluzione nel mondo teatrale, destinata a portare il musical tedesco molto, molto lontano. Fino alla Svezia, a nord, e fino al Giappone, a est.

Dal “Musicalboom” degli anni ’80 ai suggestivi adattamenti del teatro femminile giapponese del Takarazuka Revue, il “turning point” della storia del musical in lingua tedesca va ricercato nello straordinario successo di “Elisabeth”, la malinconica Imperatrice d’Austria meglio nota come “Sissi”, la cui biografia ha ispirato il musical omonimo. Nato nella patria dell’operetta e del cabaret viennese intriso di cultura yddish dalla geniale fantasia dei compositori austriaci Michael Kunze e Sylvester Levay, “Elisabeth” è il vero musical dei record: 6 milioni di spettatori l’hanno applaudito in Austria, Germania, Olanda, Svezia, Finlandia, Svizzera, Ungheria, Giappone e perfino in Italia (nel suggestivo scenario del Castello di Miramare a Trieste) dal 1992, anno della prima rappresentazione nel glorioso Theater an der Wien di Vienna, fino ad oggi. Dismessi gli edulcorati panni della “dolce principessa” (che mai fu) e della madre bambina mostrata dalla trilogia cinematografica di Ernst Marishka, come racconta il biografo Matteo Tuveri nel suo Specchi ad angoli obliqui: diario poetico di Elisabetta d’Austria (Editrice Aracne),  nel musical “Elisabeth” si presenta come una donna forte, tormentata e al tempo stesso determinata ad inseguire la propria libertà, perché, come canta nel leitmotiv, “appartiene soltanto a se stessa” (“Ich gehör nur mir!”); corteggiata per tutta la vita dalla “Morte”, il protagonista maschile, un affascinante giovane innamorato di lei, troverà la pace e la libertà cui tanto anelava soltanto fra le sue braccia. Ciò che “Elisabeth” ha fatto per il musical in lingua tedesca è forse paragonabile soltanto a ciò che ha rappresentato la soap opera “Un posto al sole” per la sede Rai di Napoli, che ha salvato il centro di produzione dalla chiusura cui l’obsolescenza l’avrebbe condannato. Il “Musicalboom” degli anni ’80, andato scemando quasi ovunque, ha conosciuto una nuova giovinezza nel mondo teutonico proprio grazie ad “Elisabeth”, che ha mostrato come «produrre fosse più conveniente che ri-produrre», nelle parole dell’impresario viennese Rudi Klausnitzer, dando vita ad un ricchissimo filone che non ha smesso di produrre capolavori (e “sold-out” al botteghino) con propri inconfondibili tratti somatici. I suoi primi e più acclamati interpreti, Pia Douwes e Uwe Kröger, sono tuttora le più celebri star del musical in lingua tedesca.

In particolare, il musical a tema storico, da “Elisabeth” in poi, rappresenta il genere più amato dal pubblico e dai compositori austriaci, tedeschi e olandesi, con trame solitamente basate su ricostruzioni appassionanti e coinvolgenti ma al tempo stesso storicamente fondate, che rendono il musical “germanico” non soltanto un piacevole prodotto di evasione ma anche un felice incontro fra spettacolo, storia e letteratura. Basti pensare a “Ludwig2”, musical dedicato al tormentato cugino di Elisabetta d’Austria, Ludwig II di Baviera, il Märchenkönig, il re delle fiabe, che viene replicato con successo dal 2005 nel teatro appositamente costruito a Füssen, incantevole località turistica nei pressi del “castello delle favole”, Neuschwanstein. O ancora a “Rudolf, the last kiss”, di scena in prima mondiale all’Operett Színház di Budapest  (non a caso, un ex territorio asburgico su cui l’Austria esercita ancora un’influenza culturale notevole), che rappresenta il dramma dell’Arciduca Rodolfo, figlio di “Elisabeth” morto suicida a Mayerling con la sua amante diciassettenne Maria Vetsera. E, ancora, “Mozart!”, largamente ispirato al carteggio mozartiano, che mostra al pubblico il lato umano del grande genio salisburghese, eroe tragico che lotta contro coloro che vorrebbero strumentalizzare il suo talento  (il padre ed il patrono). Carisma dei personaggi e fascino di musiche ed allestimenti rappresentano il connubio perfetto che induce migliaia di spettatori ad assistere più e più volte alle numerose repliche.

Anche gli adattamenti letterari godono di un discreto successo: il musical olandese dedicato ai tre moschettieri, pluripremiato all’Ahoy’ Musical Awards Gala (l’Oscar del musical olandese), con costumi “fetish” e una straordinaria Pia Douwes nei panni di una “dark-Milady” de Winter è già al terzo allestimento anche in Germania (da novembre all’Apollo Theater di Stoccarda). Spasmodica attesa e una maxi-campagna pubblicitaria (con tanto di Gloria Gaynor che ha cantato il tema principale alla prima mondiale) per il nuovo musical della coppia Kunze & Levay, “Rebecca”, ispirato all’omonimo romanzo di Daphne du Murier (dal 28 settembre al Raimund Theater di Vienna).

Il successo degli allestimenti dipende, in parte, anche dalla popolarità degli interpreti che, come le star di Hollywood o le dive del belcanto, godono di una celebrità e di una visibilità assolutamente sconosciute ai cantanti italiani. L’olandese Pia Douwes, pronipote di Doris Day, rappresenta la vera e propria Musicaldiva. Nata ad Amsterdam nel 1964, Pia ha studiato danza a Londra e canto a Vienna, dove iniziò nel 1986 la sua luminosa carriera con una parte secondaria nella prima viennese de “La piccola bottega degli orrori”. Scalando passo dopo passo la vetta del successo, Pia riuscì ad ottenere, nel 1992, la parte di Elisabeth nella prima mondiale del musical, ruolo che ha interpretato centinaia di volte fra Austria, Germania e Olanda. Dopo il 1994, forte della celebrità acquisita, ha interpretato Rizzo in “Grease” (Vienna) ed una struggente Eva Peròn nell’edizione olandese di “Evita”. Nel 2003 ha rivestito i panni di Milady de Winter nell’edizione olandese dei “Drei Musketier” (Rotterdam), parte che avrebbe nuovamente interpretato nella prima tedesca del musical (Berlino, 2005). Nel 2004 la consacrazione internazionale, come prima cantante olandese ad interpretare un ruolo da protagonista a Broadway, nei panni della Velma Kelly di “Chicago”. Partecipazioni televisive, gala del musical, e più di 25 cd incisi hanno contribuito notevolmente alla sua fama. Di recente ha interpretato ancora una volta il ruolo che l’ha resa celebre all’Apollo Theater di Stoccarda, fino all’ultima rappresentazione del 17 settembre, accanto al giovane cantante bavarese Florian Silbereisen.

Dall’Olanda vengono anche Maya Hakvoort e Maike Boerdam, altre due celebri interpreti di Elisabeth. E non è un caso. In Germania e Olanda, infatti, dire musical significa dire “Stage Entertainment”, multinazionale olandese dello spettacolo che, con 11 teatri dedicati in Germania e altri 4 in Olanda, una prestigiosa scuola di recitazione destinata a formare le nuove leve (la Joop van den Ende Academy) ed un fatturato di 500 milioni di Euro, ha svolto un ruolo di primo piano nella promozione del musical in lingua tedesca, sostenendone l’evoluzione ed il suo felice connubio con il settore turistico, secondo modalità ben note a città come Verona.

Ma il Musical, nei paesi di lingua (o influenza) austro-germanica, rappresenta non solo un business straordinario per produttori e albergatori, ma costituisce anche uno dei più importanti poli d’attrazione per artisti internazionali, che vi trovano un humus fertile per far fiorire le proprie capacità, e poterle offrire ad un pubblico sensibile e accogliente. È il caso, per esempio, del cantante turco (nato in Germania) Śerkan Kaya (applaudito Luccheni nell’ultimo allestimento viennese di Elisabeth), dell’americana Janet Marie Chvatal (Sissi in Ludwig2), dell’ungherese Máté Kamarás (“Morte” nell’ultimo Elisabeth viennese) o dei numerosi cantanti scandinavi come Jasper Tyden.

A Vienna, capitale della musica, tutto ciò che ruota intorno al mondo del musical viene gestito in via pressoché esclusiva dai Vereinigte Bühnen Wien, i Teatri riuniti di Vienna, che hanno non soltanto prodotto lavori celebri come “Elisabeth”, “Mozart!” o “Romeo & Julia”, ma ne hanno anche curato l’adattamento e la diffusione  all’estero, in particolare nei paesi che un tempo appartennero alla corona degli Asburgo, collaborando in particolare con il Teatro dell’operetta (Operett Színáz) di Budapest, il Teatro Verdi di Trieste e il Ta Fantastika di Praga.

Un successo destinato a crescere, e che può insegnare molto al mondo dello spettacolo italiano.

Andrea Duranti