ENTUSIASMO, COLORI ED EMOZIONI
PER IL JOSEPH ITALIANO

"Sono un gran bel figo io, sono bello come un dio..." Scusate, l’ego del vostro recensore non è impazzito improvvisamente - anche se un po’ di esercizio di autostima giova allo spirito, ogni tanto - ma questo ritornello mi frulla per la testa da quando ho lasciato il "Rossetti" di Trieste dove ha fatto tappa per tre giorni il "Joseph" di RockOpera. E pensare che questo caleidoscopio di musica e colori è sbarcato qui quasi per caso, per sostituire l’annullato "Emozioni" con Ambra Angiolini & Co. (un pensierino per la sfortunata cantante, ferita in un incidente stradale che l’ha costretta a sospendere il tour).

Angiolillo al posto di Angiolini, dunque: una staffetta di cognomi che ha portato nel capoluogo giuliano una ventata di freschezza, spontaneità, allegria come poche se ne vedono.

"Joseph e la strabiliante tunica dei sogni in technicolor®", dunque, nella prima traduzione ufficiale in italiano di un musical di Andrew Lloyd Webber con la regia di Claudio Insegno e la indovinata partecipazione di Antonello Angiolillo (Joseph), Lighea (la narratrice) e Ivan Cattaneo (il faraone), più 21 attori-ballerini-cantanti e una band dal vivo di 12 musicisti diretti da Simone Giusti.

Un caleidoscopio di musica e colori, dicevamo: "Joseph" è davvero un gioiello di professionalità, simpatia, incontenibile gioia di vivere. E’ raro vedere un musical così corale, compatto, dove emerge il gruppo e nessuno travalica il ruolo dell’altro.

Antonello Angiolillo interpreta Joseph con ottimismo e disincanto, canta la strofetta che mi piace tanto ("Sono un gran bel figo io...") con la dovuta dose di divertita immodestia e si ritaglia un piccolo assolo fatto di balzi e piroette in "Go go go Joseph" che manda in visibilio le giovani fan.

Lighea, secondo me la vera sorpresa della serata, affronta con sicurezza e disinvoltura l’impervia tessitura vocale della sua parte di Narratrice, che, antesignana del "Che" in Evita, tiene le redini della vicenda introducendo di volta in volta situazioni e personaggi.

Ivan Cattaneo irrompe nello show scimmiottando Elvis, offrendo una personalissima e azzeccata versione della "Canzone del re (Song of the King)".

Un plauso a tutti gli altri protagonisti, affiatati e precisi, che portano avanti lo show con apparente leggerezza e facilità, ma immaginiamo il frenetico lavoro dietro le quinte per i frequentissimi cambi di costumi.

La regia di Claudio Insegno, assieme alle scenografie di Francesco Scandale, si rifanno esplicitamente all’allestimento visto nella recente versione video del musical con Donny Osmond; Angiolillo ne rifà le movenze quando appare in scena in "Jacob e i figli suoi (Jacob and sons)", nel divertente incontro ravvicinato con un serpente verde nel pozzo dove i fratelli lo gettano senza troppi complimenti, nel combattuto - si fa per dire - corpo a corpo con la signora Potiphar. Le trovate comiche e le gag non si contano, bisognerebbe vedere e rivedere lo show per gustarsi fino in fondo tutti i dettagli, compresi i costumi davvero in technicolor di Carlotta Polidori.

Le coreografie di Sadia Salvadori sono efficaci e puntuali, e permettono a più di qualcuno di esibirsi in piroette e acrobazie, che fanno di "Un angelo in più nel cielo (One more angel in Heaven)" e "Go go go Joseph" i momenti più spettacolari dello show.

La scena più divertente, a giudicare anche dalle risate del pubblico (con una altissima presenza di giovani e giovanissimi, intere scolaresche entusiaste) va invece a "I bei tempi di Canaan (Those Canaan Days)": gli undici fratelli di Joseph, assieme al padre, rimpiangono i giorni passati in una "chanson française" esilarante. Naturalmente il musical pullula di brani-parodia, dal rock al country, dal calypso al pop, con una inventiva melodica straordinaria.

Luci adeguate e d’effetto: di grande impatto "Abbandonatemi (Close Every Door)", con i fasci luminosi che riproducono le sbarre della cella dove è stato rinchiuso Joseph.

Ma un grande, grandissimo plauso va alla traduzione italiana curata a tre mani da Simone Giusti, Franco Travaglio e Mara Mazzei. L’adattamento è naturale, fluente, senza forzature metriche e scempiaggini insopportabili tipo farò/sarò/andrò, cuore/fiore/amore, qui/lì/sì. Il terzetto, in ottima forma creativa, ha reso giustizia al testo di Tim Rice in modo egregio.

Insuperabile la band dal vivo: precisa, emozionante, scatenata. E i risultati si sono visti: dopo il furbetto "Joseph Mega-Remix" finale, le ovazioni sono state interminabili. E la compagnia ha regalato al pubblico che non ne voleva sapere di lasciare il teatro, un bis di "Abbandonatemi (Close Every Door)" da brivido. Giusto coronamento di una serata entusiasmante.

Francesco Moretti 

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