MY FAIR LADY TRA MUSICAL E OPERETTA


Trieste, luglio 2004 - Godibile, leggero, divertente. Convince, anche se con qualche riserva, la rinnovata versione di "My Fair Lady", con la regia di Massimo Romeo Piparo, che ha debuttato in anteprima nazionale al Festival dell'Operetta di Trieste. Appena qualche limatura e aggiustamento per evitare un paio di cadute di ritmo nello svolgersi del primo atto, ma forse è stata solo l'emozione della "prima" e uno spiacevole inconveniente all'impianto dei microfoni a condizionarne in parte l'esito.

Alla prova dei fatti, Gaia De Laurentiis si rivela una frizzante e credibilissima Elisa Dolittle, capace di trasformarsi da fioraia caciarona, grezza, ineducata e sgraziata in una signora elegante, raffinata, seducente e desiderabile sfoderando soprattutto una bellissima voce (ascoltare per credere!), anche se ancora "giovane" ed esile negli acuti, ma che migliorerà ulteriormente. Qualche perdonabile incertezza nel tenere il tempo durante "Avrei danzato sai".

Corrado Tedeschi tratteggia un prof. Higgins deliziosamente insopportabile, maschilista, incallito scapolone, sicuro nel canto come nella recitazione; riesce a incarnare alla perfezione il ruolo del borioso e supponente "gentleman" inglese.

Gli fa da spalla un forse troppo timoroso Enrico Baroni nella parte del colonnello Pickering, che scommette con Higgins sulla riuscita della trasformazione di Elisa.

Gian è la vera sorpresa dello spettacolo: interpreta Alfred Dolittle, il padre di Elisa, in modo "straripante", gigioneggia e riempie la scena, e sono per lui e il corpo di ballo gli applausi più scroscianti della serata: a scena aperta nello show-stopper "Portatemi in chiesa", quando suo malgrado deve sposarsi, e durante i saluti finali quando stranamente esce troppo presto, un po' a sorpresa, sul palco.

Andrea Giovannini interpreta Freddy (nel tour invernale verrà sostituito da Christian Ruiz n.d.w.), lo spasimante ingenuo, tenero e innamorato di Elisa; la sua è la voce migliore dello show, un ottimo timbro tenorile che fa svettare una delle canzoni più belle dello spettacolo (La strada dove vivi tu). Si ritaglia un'entrata spassosissima, avvinghiato alla colonna dell'ingresso di casa Higgins, mentre folle d'amore riprende a cantare i suoi sentimenti per Elisa.

Ottime le prove degli altri comprimari, da Mrs. Pearce – la cameriera, interpretata da Donatella De Felice – alla austera ma dolce madre di Higgins (Silvia Bossi). Ahimé, i nomi degli altri componenti del cast mancano nel programma di sala.

Precise e non banali le coreografie di Roberto Croce, anche se si ha l'impressione che con maggiore spazio ne avrebbero giovato; belli e ricchi i costumi di Angela Buscemi (la scena alle corse e al ballo dell'ambasciata in primis), così come le scenografie, affatto "essenziali" di Giancarlo Muselli.

Finalmente una traduzione fatta bene (l'adattamento è di Piparo), senza storpiature e forzature metriche e insopportabili rime fiore/cuore/amore o un uso smodato di lì/si/qui/là/vai/sai ed elisioni varie per far finire i versi. Il canto scorre naturale, tanto che molte volte vien da pensare che sia nato già in italiano.

Un plauso, infine, all'orchestra del Teatro Verdi in forma smagliante, diretta con piglio sicuro da Ori Leshman, e al suono di Luca Finotti che ha bilanciato ottimamente musica dal vivo e voci sul palco. Le melodie di Lerner & Loewe suoneranno forse un po' datate, ma ormai sono nell'immaginario di tutti noi, intramontabili.

Un po' musical, un po' operetta, questa "My Fair Lady" ammicca palesemente al film con Audrey Hepburn e Rex Harrison, e riscuote il meritato successo in una gremitissima Sala Tripcovich per questa manciata di repliche estive.

Francesco Moretti

Leggi l'intervista a Gaia de Laurentiis

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