IL MIRACOLO SI RIPETE


Trieste, Castello di Miramare, 31 luglio 2005 - L'emozione si rinnova, ed è ancora meglio dello scorso anno. Sembra incredibile, ma "Elisabeth" è uno dei quei musical che ascolti, guardi, vivi ogni volta sempre di più; ed ogni volta ne scopri lati nuovi, sfumature prima sfuggite, gesti, sguardi e situazioni non colti subito. E più entri in questo show, più ti piace, e più lo ascolti, più ti prende, in una spirale inesauribile.
A Miramare, complice uno scenario fiabesco, una tiepida serata e un cast in stato di grazia, il miracolo si è ripetuto: Elisabeth è tornata qui, a passeggiare di nuovo in questi ombrosi viali, ad imbarcarsi per uno dei suoi frequenti e lunghi viaggi nel Mediterraneo. E lo show di Michael Kunze e Sylvester Levay incanta e rapisce ancora il pubblico del Festival Internazionale dell'Operetta, accorso di nuovo in massa ad assistere a questo grande capolavoro del musical contemporaneo.
Uno spettacolo che non finisce mai di stupire, un incastro musicale che più perfetto non si può, un sapiente e furbo intreccio di trovate ad effetto, di melodie trascinanti, di ballate struggenti, di scatenati numeri pop e rock. "Se avessi scritto solo musica in stile classico non sarebbe stato un musical, sarebbe stato un tipo di opera o di operetta, e non volevo farlo!", mi aveva raccontato Sylvester Levay lo scorso anno, in occasione della prima italiana di "Elisabeth". "Così ho trovato la soluzione di combinare musica classica con la musica contemporanea, moderna, pop e rock, e mescolarle... E credo che questo sia stata l'unica soluzione che poteva funzionare!" Infatti, il risultato si vede, e - soprattutto - si sente. Accompagnate dal suono perfetto dell'Orchestra del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste, che insieme ai Vereinigte Bühnen Wien e alla Provincia di Trieste hanno riportato lo spettacolo a Miramare, le parole di Michael Kunze calzano a pennello, vestono alla perfezione ogni gesto, ogni movimento. E quando Maya Hakvoort, di nuovo nei panni della principessa, intona a sopresa "Ich gehör nur mir" in un perfetto italiano, il pubblico rimane letteralmente rapito. La traduzione e l'adattamento di Franco Travaglio si rivelano un autentico gioiello di perfezione metrica e semantica: la canzone è lì, in italiano, dice esattamente le stesse cose dell'originale tedesco con una naturalezza e grazia da far venire i brividi. E l'effetto è sorprendente.
Il cast è addirittura migliore rispetto allo scorso anno. Sulla bravura, bellezza e immedesimazione in Elisabeth di Maya Hakvoort ci siamo già espressi lo scorso anno; sembra un ruolo fatto apposta per lei, per la sua voce dolce e potente allo stesso tempo, capace di tenerezza infinita ma anche di durezza, rassegnazione, caparbietà.
Bruno Grassini si riconferma l'incontenibile, simpatico, sbruffone, istrionico Luigi Lucheni. Dotato di energia apparentemente inesauribile, tesse la tela dello show saltellando di qua e di là, intrattenendo il pubblico nella straripante "Kitsch" e ammiccando ai signori uomini nella godereccia scena del bordello. "In undici anni di carriera ho sostenuto undici ruoli importanti, da Jekill in Jekill&Hyde, a Judas, ad Alfred in Tanz der Vampire, a questo in Elisabeth... Ora mi piacerebbe venire in Italia!" Ci confida dietro le quinte.
Maté Kamaràs è l'altra piacevolissima novità di quest'anno. La sua Morte è tanto più sanguigna, virile, nervosa, "arrabbiata" quanto quella di Thomas Borchert era magnetica e, se vogliamo, più "misurata". Maté rende quasi esplicita una certa carnalità nei confronti di Elisabeth, dove Borchert la rendeva solo sottintesa; ma il risultato è comunque affascinante, e la voce dalle tinte rock e aggressive completa il quadro di una interpretazione grandiosa.
Robert Marx tratteggia nuovamente un imperatore Franz Joseph succube della madre Sophie e incapace di tenere a bada la volitiva moglie; e Lenneke Willemsen si riconferma una dura e perfetta Arciduchessa Sophie, solo nel finale riscattata - ma forse è l'ondata di dilagante buonismo - da una ballata struggente ("Bellaria").
Fritz Schmid sostituisce Lukas Permanschlager (impegnato nel Romeo + Julia a Vienna) nella parte dello sfortunato Rodolfo. Fragile e disorientato, intreccia con la Morte una ambigua relazione, che sfocierà in uno dei momenti più drammatici del musical: il suicidio con un colpo di pistola sulla terrazza del Castello, dove ad attenderlo, suadente e diabolico, c'è proprio la Morte. Rudolf bambino, che incanta il pubblico con la versione in italiano di "Mama, wo bist du?" ("Mamma, mi senti?"), è interpetato a rotazione da tre piccole coriste triestine: Camilla Soncini, Camilla Angeli e Jenny Tiveron.
La direzione musicale di Caspar Richter è semplicemente perfetta: l'orchestra risponde con slancio, passione e senza una sbavatura. I costumi sono fiabeschi, curati nei minimi dettagli; e il disegno luci, assieme a pochissimi ed essenziali elementi scenici, contribuisce a ricreare suggestioni ed ambienti.
E pensare che quella di Miramare è solo una versione ridotta, quasi un "bignami", della produzione originale di "Elisabeth" che torna - per l'ultima volta - a Vienna dal 4 settembre al 15 dicembre prossimi. I sopratitoli e i raccordi narrativi di Lucheni, in italiano, assicurano una comprensione totale dello show anche a chi è digiuno di tedesco. E il successo, straripante, si vede.

Francesco Moretti

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